lunedì 24 settembre 2012

Palazzi Celebri di Firenze

 

Palazzo Medici Riccardi



Il palazzo è un'opera del Michelozzo, commissionata dal patriarca delle fortune dei Medici, Cosimo il Vecchio. In un primo momento Cosimo chiese un progetto a Brunelleschi, ma, essendo un fine uomo politico, lo scartò per la sua troppa magnificenza che avrebbe senz'altro scatenato le invidie dei concittadini (riporta il Vasari che il progetto era troppo suntuoso e magnifico, anche se le affermazioni del Vasari non hanno trovato altri riscontri sull'effettiva esistenza del progetto di Brunelleschi). I suoi scrupoli d'altronde non erano infondati, dato che appena 10 anni prima, a causa dell'accusa di tirannia da parte dei suoi avversari politici, aveva subito la carcerazione in Palazzo Vecchio e l'esilio in Veneto, dal quale però era stato richiamato a Firenze con tanto di soddisfazione per l'acclamazione popolare.

Incaricò così Michelozzo, un architetto altrettanto valido ma più discreto, il quale realizzò un palazzo cubico dall'aspetto esterno imponente, ma sobrio ed austero (1444-1452 o 1460), intorno ad un cortile centrale quadrato con colonne corinzie, ispirandosi in parte al recupero di elementi classici operato da Leon Battista Alberti nella quasi contemporanea realizzazione di Palazzo Rucellai. Fu però proprio il Palazzo Medici a fissare uno dei modelli dell'architettura civile del Rinascimento a Firenze e non solo. Un esempio di derivazione è Palazzo Strozzi.

Cappella dei Magi affrescara da Benozzo Gozzoli

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All'interno del Palazzo si realizzarono nel tempo numerose decorazioni. Una delle prime fu la Cappella dei Magi, capolavoro ad affresco del fiorentino Benozzo Gozzoli, allievo di Beato Angelico, su commissione di Piero il Gottoso che seguì direttamente la progettazione e lo sviluppo dei lavori. Questo piccolo spazio era la cappella privata di famiglia e fu realizzata nel 1459. Nelle tre pareti maggiori è raffigurata la Cavalcata dei Magi, un soggetto religioso che fa da pretesto per rappresentare tutta una serie di ritratti di famiglia e di personaggi politici del tempo venuti ufficialmente a Firenze su invito dei Medici, ritratti a celebrazione delle conquiste politiche della famiglia. Fra i personaggi raffigurati ci sono un giovane Lorenzo il Magnifico, suo padre Piero il Gottoso ed il capofamiglia Cosimo il Vecchio. Sull'altare oggi troviamo una copia di fine del Quattrocento dell'originale Natività di Filippo Lippi, oggi conservata a Berlino.
Sul finire del Quattrocento, le grandiose raccolte artistiche medicee erano conservate nel palazzo, come il David di Donatello, che era esposto nel cortile, come i tre dipinti di Paolo Uccello della Battaglia di San Romano, che adornavano la camera da letto del Magnifico, senza trascurare le opere di Botticelli, Verrocchio, il Pollaiolo, Domenico Ghirlandaio, le collezioni di gemme, cammei e vasi in pietre dure ed in cristallo di rocca, ecc. Nel grande parco sul lato nord del Palazzo, il cosiddetto Orto di San Marco, comprato dalla moglie di Lorenzo, Clarice Orsini, furono collocate le sculture classiche comprate in larga parte a Roma, e sotto la direzione dello scultore Bertoldo, fu creata l'antesignana di quella che era una vera e propria Accademia di Belle Arti per la prima volta in Europa, dove i giovani artisti potevano copiare e studiare i modelli classici e apprendere le tecniche artistiche. Il più importante di questi fu Michelangelo Buonarroti, come testimonia Vasari nelle Vite.
Spesso i giovani artisti venivano anche ospitati nel palazzo da Lorenzo, come successe per esempio a Michelangelo che visse l'adolescenza a palazzo, inoltre grande spessore culturale era dato dalla frequente presenza del circolo neoplatonico degli umanisti fiorentini, fra i quali il filosofo Pico della Mirandola e il poeta Agnolo Poliziano. Si venne così a creare nel palazzo un ambiente di ampio respiro culturale, che permise lo sviluppo del pensiero e del'arte del Rinascimento.
Con la morte di Lorenzo nel 1492 si concluse un'epoca per tutta la città. I fiorentini, infuriati dalle prediche del Savonarola, che tuonava contro i costumi lascivi, ostentatamente sforzosi e neopagani della città, furono istigati alla sommossa e saccheggiaro il palazzo nel 1494, confiscando in nome della Repubblica fiorentina il tesoro mediceo, fatto di ori, gioielli ed inestimabili opere d'arte. L'occasione era nata dal vile comportamento del figlio di Lorenzo, Piero, rispetto al passaggio dell'esercito del Re francese Carlo VIII, al quale aveva spalancato le porte dei territori fiorentini e, secondo i cronisti più ostili ai Medici, aveva addirittura baciato le pantofole in segno di sottomissione. È in quest'occasione della cosiddetta seconda cacciata dei Medici (dopo il primo ostracismo di Cosimo il Vecchio) che la scultura bronzea della Giuditta e Oloferne di Donatello, ornamento di una fontana del giardino del palazzo, fu ricollocata in Piazza della Signoria, a simboleggiare la sconfitta della tirannia da parte del popolo. Analoga sorte toccò al David, sempre di Donatello, che finì a Palazzo Vecchio (oggi si trova al Bargello). Una sorte peggiore toccò ad alcuni beni che furono messi all'incanto in Orsanmichele, comunque in larga parte il tesoro rimase fortunatamente a Firenze e fu per lo più ricomposto dai successori della casata.
Tre anni dopo infatti rientrava a Firenze grazie all'aiuto delle truppe spagnole il Cardinale Giovanni (poi papa Leone X), anche lui figlio di Lorenzo il Magnifico, e il Cardinale Giulio (poi papa Clemente VII), figlio del fratello di Lorenzo, quel Giuliano assassinato durante la Congiura dei Pazzi.
Fra i rinnovamenti al palazzo di questo periodo si contano le grandi finestre al pian terreno, quando fu eliminata l'originaria loggia a ridosso della strada, guadagnando sia in spazio che in sicurezza della dimora. Dotate di timpano triangolare e di un ripiano d'appoggio posto su mensole molto accentuate, per cui, a causa della loro forma sono chiamate inginocchiate e sono attribuite a Michelangelo (1517) e rappresentano il prototipo per tantissime altre realizzazioni.



 Nel cortile fu posta la scultura dell'Orfeo di Baccio Bandinelli che si ammira ancora oggi.
La notizia del sacco di Roma, che aveva messo in ginocchio la figura allora predominante dei Medici, Papa Clemente VII (Giulio de' Medici) portò all'ultima cacciata della casata dalla città e ad un nuovo saccheggio del palazzo (1527). Seguì la ripresa della città con il famoso Assedio di Firenze del 1530, al termine del quale gli ultimi discendenti del ramo principale della famiglia fecero ritorno nel palazzo. Ma l'assassinio incrociato del duca Alessandro de' Medici e del cugino Lorenzino (detto Lorenzaccio), portarono al potere un ramo fino ad allora secondario della famiglia quello dei cosiddetti popolani, con la salita al titolo Ducale di Cosimo I, il quale si trasferì con la moglie Eleonora di Toledo a Palazzo Vecchio (1540), abbandonando il Palazzo Medici di Via Larga, ormai privo di qualsiasi funzione di rappresentanza, a discendenti cadetti della famiglia.

 

La Galleria di Luca Giordano o Galleria degli Specchi
Dopo vari passaggi di proprietà all'interno dei componenti della famiglia dei Medici, a metà del Seicento il Palazzo tornò al granduca Ferdinando II, il quale ormai residente nello sfarzoso Palazzo Pitti, decise di vendere il desueto e vetusto palazzo di famiglia ad una ricca famiglia di banchieri, i Riccardi, i quali avevano reso importanti servizi politici al Granduca e, per questo, erano stati da lui fregiati del titolo di marchesi. Il fedele Marchese Gabriello Riccardi acquistò così per la somma di quarantamila scudi il palazzo che da allora cambiò nome (1659).
Fino a tutto il Settecento, i Riccardi compirono numerose trasformazioni, conservando però esternamente la morfologia e lo stile quattrocenteschi, come forma di rispetto verso il progetto di Michelozzo, nonché verso gli autorevoli ex proprietari. Il palazzo fu raddoppiato in dimensione, perdendo l'originaria forma cubica e, sulla nuova facciata di Via Larga, fu mantenuto lo stile della parte antica.
Partendo dal pian terreno, si entra nel loggiato che venne decorato dall'Andreozzi, con putti in stucco, un materiale che in questi anni a Firenze era molto in voga e che caratterizzò il Barocco fiorentino.
La Galleria al primo piano fu realizzata nel 1685, la quale, pur nelle dimensioni non eccezionali, è uno dei risultati più significativi ed attraenti del Barocco fiorentino. Decorata da stucchi dorati e da specchiere dipinte e provvista di ampie e luminose finestre al lato sud, è famosa soprattutto per la grande volta dipinta, eseguita da Luca Giordano. Il pittore napoletano, soprannominato Luca fa presto per la sua rapidità di esecuzione si trovava in città per gli affreschi della Cappella Corsini in Santa Maria del Carmine e ricevette presto la nuova commissione.
Nella volta della galleria è rappresentata l'Apologia della Famiglia Medici, protettori e benefattori dei Riccardi. Lo spettatore, in questo caso, è colpito dai giochi di prospettiva e dalle raffinate sfumature di luminosità, coerenti con il punto di vista e con la luce della galleria in pieno giorno, che danno straordinari effetti illusionistici.

 

 

 

 

 Palazzo Davanzati

  Il palazzo rappresenta un ottimo esempio di architettura residenziale fiorentina del '300, costruito verso la metà del secolo dalla famiglia Davizzi, mercanti benestanti dell'arte di Calimala (o dei mercatanti), fu in seguito venduto nel 1516 alla famiglia Bartolini, ricchi membri dell'Arte del Cambio, e infine nel 1578 a Bernardo Davanzati, altrettanto ricco mercante, nonché importante economista, agronomo, erudito e storico italiano. Fu lui che fece apporre lo stemma di famiglia che si vede sulla facciata e fece anche costruire l'altana (terrazza a loggia) al terzo piano, al posto dell'originaria merlatura tipica delle case-torri medievali. All'interno ospita il Museo della Casa Fiorentina Antica.

 

 

Palazzo Bartolini Salimbeni
Palazzo Bartolini Salimbeni 
palazzo tardorinascimentale, con un architettura molto molto particolare. È situato fra Piazza Santa Trinita e Via Tornabuoni, davanti alla Colonna della Giustizia.

Particolarmente dure furono le critiche a Baccio d'Agnolo quando, nel 1520, terminò la costruzione del palazzo Bartolini Salimbeni. Loaveva fatto così movimentato da colonne, nicchie, finestre e trabeazioni che negli ambienti intellettuali si diceva somigliasse più ad una chiesa che ad una casa. Allora, con il permesso del proprietario, lui fece scrivere sulla facciata "Carpere promptius quam imitari", che in latino vuol dire "E' più facile criticare che provare a fare uguale".I proprietari del palazzo non disprezzavano certo l'ironia se anch'essi fecero scrivere un motto sulla facciata: "Per non dormire". La Frase curiosamente, è inserita tra disegni raffiguranti papaveri, fiori da cui a quel tempo si ricavavano infusi oppiacei a scopo curativo. E tutti sanno che l'oppio intontisce e fa dormire.
Allora perchè quella scritta? Pare che i Bartolini, commercianti di stoffe, volessero accaparrarsi un grosso affare all'estero e che temessero la concorrenza di altri ricchi mercanti.
Pensarono quindi di drogare i rivali con l'oppio, per avere campo libero nelle trattative.Il piano riuscì e i papaveri e la scritta sul palazzo sono li a ricordarcelo.
Per Non dormire
Fregio con la decorazione dei papaveri





 Palazzo Spini Ferroni

Il palazzo venne costruito a partire dal 1289 per il ricchissimo mercante e politico Geri Spini, sui terreni e fabbricati proprietà della sua famiglia e acquistati appositamente dai monaci di Santa Trinita dopo l'alluvione.
All'epoca era il più grande palazzo privato di Firenze, l'unico a poter competere con Palazzo Vecchio, che veniva costruito in quegli stessi anni. Tra gli architetti che avrebbero potuto partecipare alla realizzazione si è parlato di Arnolfo di Cambio o di Lapo Tedesco, padre di Arnolfo del quale però si hanno pochissime notizie dovute in larga parte al Vasari; con altre opere arnolfiane ha in comune il senso del volume, ammirabile in tutta la sua pienezza e maestosità sia dalla piazza che dal ponte.
Per farsi un'idea del suo aspetto originario si può confrontarlo con la raffigurazione che ne fece Domenico Ghirlandaio negli affreschi della Cappella Sassetti, nell'antistante chiesa di Santa Trinita.

  • Palazzo Spini Feroni è presente nella raffigurazione di piazza Santa Trinita negli affreschi di Domenico Ghirlandaio nella Cappella Sassetti, nella vicina chiesa di Santa Trinita, che si trova nella scena del Miracolo del fanciullo resuscitato, al centro della cappella appena sopra la pala d'altare. Tutto il ciclo di affreschi è dedicato a San Francesco d'Assisi in questa scena si mette in relazione il santo con un miracolo avvenuto proprio nella piazza quando un fanciullo cadde da una finestra di Palazzo Spini e venne però resuscitato grazie all'intervento del santo di Assisi. Nella scena si vede il Palazzo sulla sinistra, dal quale un fanciullo sta precipitando mentre alcuni passanti guardano la scena; al centro lo stesso fanciullo si alza asedere sul catafalco grazie a un cenno di San Francesco provvidenzilamente apparso in cielo.
  • Negli ambienti sotterranei, dove oggi è collocato il Museo Ferragamo, è presente l'antico pozzo della famiglia, che poteva così attingere l'acqua direttamentre dalla propria abitazione. Questo pozzo, sormontato da una lunetta affrescata con un profilo femminile, è detto Pozzo di Beatrice, in omaggio a Beatrice Portinari, che proprio nelle vicinanze dell'attiguo Ponte Santa Trinita avrebbe incontrato Dante per la prima volta, stando a quanto il poeta stesso riporta nella Vita Nuova
  • In Lungarno Acciauoli, all'angolo con via Tornabuoni all'altezza del Ponte S. Trinita, lungo il Palazzo Spini Feroni, fino al diciannovesimo secolo, prima che i lungarni fossero realizzati nella forma attuale, si trovava un vicolo coperto da un arco, detto Arco dei pizzicotti perché la domenica, i ragazzi si appostavano in questo stretto passaggio e attendevano che le ragazze passassero di qui per andare o tornare dalla Messa alla Chiesa di Santa Trinita. L’arco non esiste più.

Palazzo Buondelmonti

l palazzo è un tipico esempio dell'edilizia residenziale delle famiglie patrizie fiorentine sviluppatosi alla fine del Quattrocento, dalle forme più sobrie rispetto ai grandi palazzi della prima metà del XV secolo (Palazzo Strozzi, Palazzo Medici...). In particolare volendo trovare i modelli di questa tipologia decorativa si deve guardare a Palazzo Gondi in Piazza San Firenze (di Giuliano da Sangallo) o Palazzo Guadagni in Piazza Santo Spirito. Il progetto è attribuito a Baccio d'Agnolo o al Cronaca ed era stato volutoi dai fratelli Lorenzo e Leonardo Buondelmonti.Sull facciata sono apposte due targhe: una ricorda l'ospitalità data a Ludovico Ariosto da Zanobi Buondelmonti e l'altra ricorda Giovanni Pietro Vieusseux e il suo gabinetto letterario, che qui ebbe la sua prima sede








Palazzo Corsi Tornambuoni con la loggia del Cigoli
Appartenne ai Tornaquinci, famiglia che, nel XV secolo, cambiò il cognome in quello di Tornabuoni per poter partecipare ai pubblici uffici. Il palazzo fu costruito per Giovanni Tornabuoni a metà del XV secolo accorpando numerosi altri edific, su disegno di Michelozzo. I Tornabuoni erano imparentati con i Medici (la madre di Lorenzo il Magnifico era Lucrezia Tornabuoni) e come essi furono mecenati di artisti (come con Domenico Ghirlandaio per la Cappella Tornabuoni in Santa Maria Novella) e appassionati collezionisti di oggetti di valore, arredi, sculture, opere pittoriche e libri rari.
Nel 1563 il loro palazzo venne venduto a Lorenzo di Piero Ridolfi, il quale lo cedette poi ad Alessandro de' Medici arcivescovo di Firenze e futuro "Papa Lampo Leone XI".
Alla fine del Cinquecento il palazzo pervenne alla famiglia Corsi. Il marchese Jacopo Corsi, che amava la musica, vi riunì la prima "Accademia di Musica" di Firenze: qui nacque il melodramma italiano con la prima rappresentazione de La favola di Dafne, su libretto di Ottavio Rinuccini, nel 1594, come ricorda anche una lapèide posta su via dei Corsi.

La Loggia del Cigoli
In quel periodo il palazzo venne ristrutturato dal Cigoli che rifece anche la loggetta un tempo situata nell'angolo sud-ovest, dove prima era presente la loggia della consorteria dei Tornaquinci.















Palazzo Rucellai

Il palazzo, commissionato dal ricco mercante Giovanni Rucellai, fu costruito tra il 1446 e il 1451 da Bernardo Rossellino, su disegno di Leon Battista Alberti, che era legato al Rucellai da amicizia e da affinità culturale.

























In alto il palazzo è coronato da un cornicione poco sporgente, sostenuto da mensole, oltre il quale è nascosta una loggetta ornata da pitture a monocromo del XV secolo, da alcuni attribuite alla cerchia di Paolo Uccello: l'elemento della loggia è un'ulteriore riprova della rottura con la tradizione medievale e di apertura verso la grande stagione del Rinascimento. Il fregio del piano terra contiene le insegne della famiglia Rucellai: tre piume in un anello, le vele gonfiate dal vento e lo stemma familiare, che compare anche sui blasoni sopra i portali. A destra si vede bene come la facciata sia incompleta, infatti non finisce in maniera netta, ma è frastagliata perché era prevista la continuazione con un terzo portale.






Casa alla Rovescia Firenze
Casa alla Rovescia Borgo Ognissanti
 Casa alla rovescia

 Proseguendo lungo la strada, s’incontra la stravagante Casa alla Rovescia, il suo balcone infatti presenta tutti gli elementi architettonici montati al contrario; come racconta la storia infatti, il terrazzo non era in regola con le norme edili del tempo (XVI sec.), il chè portò il Duca Alessandro dei Medici a rifiutare il progetto per due volte, alla terza si espresse dicendo soltanto “Si, alla rovescia”! L’architetto prese il Duca in parola e con grande spirito montò mensoloni di sostegno, colonnine della balaustra e volute al contrario.



 Palazzo Bianca Cappello
 
Il Palazzo , originariamente della famiglia Corbinelli, si trova al numero 26 di Via Maggio nel quartiere di Oltrarno a Firenze.
Fu costruito su richiesta di Francesco I de' Medici per la sua amante Bianca Cappello, su un vecchio edificio dei primi del Quattrocento. È famoso quindi per aver fatto da scena per una delle più chiacchierate storie d'amore del Rinascimento, fra il Granduca e una nobildonna veneziana della quale il rampollo della famiglia Medici si era follemente innamorato nonostante fosse già sposato con Giovanna d'Austria. I due si frequentarono comunque, con Francesco, ormai granduca, che fece costruire il palazzo di lei da Bernardo Buontalenti (1570-1574) nella posizione più vicina possibile alla residenza granducale di palazzo Pitti, a solo un isolato di distanza. È questa la prima opera sicuramente documentata dell'architetto che divenne in seguito scenografo ed artista di corte.
Con la morte prematura di Giovanna, i due si poterono finalmente sposare nel 1579 ma l'idillio fu turbato dalla riluttanza della famiglia regnante verso questa donna tanto che esiste più di un sospetto circa la morte dei due nella villa medicea di Poggio a Caiano nel 1587 a distanza di solo un giorno l'uno dall'altra, forse frutto di un avvelenamento ordito dal cardinale Ferdinando.
Nel frattempo il palazzo era stato ceduto da Bianca, dopo che era diventata granduchessa, all'Ospedale di Santa Maria Nuova, e solo allora vi furono dipinte le celebri grottesche sulla facciata, opera felice di Bernardino Poccetti (1579-1580), quando ormai Bianca risiedeva già stabilmente a Palazzo Pitti fin dal 1573.
Venne ceduto a Giovanni Riccardi, il quale lo vendette a Carlo Lasinio, professore dell'Accademia del Disegno fiorentina. Oggi appartiene al Comune di Firenze, che lo ha destinato a sede dell'archivio e dei laboratori di conservazione e restauro dei libri del Gabinetto Vieusseux.


Palazzo Antinori

Fu costruito tra il 1461 e il 1469 forse da Giuliano da Maiano (viste le affinità con il senese palazzo Spannocchi) per Giovanni di Bono Boni (seconda metà del XV secolo), su alcune case già appartenute ai Bordoni. Il palazzo incompleto venne messo in vendita dai Boni per problemi finanziari nel 1475 e passò in seguito ai Martelli, ma pare che vi fosse stato interessato anche Lorenzo il Magnifico. Vi abitarono i due fratelli Carlo e Ugolino Martelli, ma alla morte di Ugolino (1494) Carlo decise di vendere il palazzo, forse per ragioni affettive legate al ricordo del fratello, forse anche per ragioni economiche: in vent'anni il prezzo che riuscì a spuntare rispetto a quando l'aveva acquistato fu molto più alto. Così nel 1506 il palazzo passò a Niccolò Antinori, già residente in Oltrarno, il quale fece apportare modifiche e miglioramenti. Probabilmente l'incarico fu affidato a Baccio d'Agnolo, che progettò la facciata posteriore e il giardino interno, dando al palazzo le dimensioni attuali. Nel complesso si tende a preferire l'attribuzione a più mani.

L'entrata con la veduta prospettica
Da allora la famiglia Antinori vive ancora nel palazzo e possiede terreni in tutta la Toscana dove si producono dei famosi vini e vinsanti, nonché olio ed altri prodotti. La produzione vinicola è molto antica, lodata anche da Francesco Redi, e la vendita del vino è ancora testimoniata da una piccola finestrella aperta sul vicolo del Trebbio: da questa piccola apertura venivano vendute le bottiglie, come specifica ancora la scritta Vino sulla cornice (e questo non è l'unico palazzo ad avere ancora tali finestrelle in città). Oggi ospita il ristorante della Cantinetta.

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