lunedì 17 dicembre 2012


Fu consacrata nel 393 ed è una delle chiese che si contendono il titolo di più antica della città; per trecento anni ha avuto il ruolo di cattedrale, prima di cedere lo status a Santa Reparata, quando vennero solennemente traslate le spoglie del primo vescovo di Firenze, san Zanobi. Fu ampliata e riconsacrata una prima volta nel 1059, con un capitolo di Canonici nella chiesa che diede impulso alla costruzione di alcuni ambienti come il chiostro a lato della chiesa.
Fu deliberato dai Canonici un nuovo ampliamento all'inizio del XV secolo, ma i lavori procedettero inizialmente molto a rilento. Nel 1418 il priore Matteo Dolfini ottenne dalla Signoria il permesso per abbattere alcune case per ingrandire il transetto della chiesa e il 10 agosto 1421 egli celebrò una solenne cerimonia per benedire l'inizio dei lavori. Tra i finanziatori c'era il ricchissimo banchiere Giovanni di Bicci de' Medici, che abitava nel quartiere, e che fece probabilmente il nome dell'architetto che già stava lavorando alla sua cappella, l'odierna Sagrestia Vecchia, cioè Filippo Brunelleschi. La ricostruzione dell'intera chiesa fu un progetto che dovette maturare in un secondo momento, probabilmente dopo il 1421, quando morì il Dolfini. L'inizio dell'intervento brunelleschiano viene generalmente collocato in quell'anno.
Mentre la sagrestia veniva terminata nel 1428 (e nel 1429 vi si celebrarono le esequie solenni di Giovanni de' Medici), i lavori alla chiesa erano invece andati poco avanti ed erano pressoché bloccati. Dopo il 1441 si prese l'onere quasi per intero della ricostruzione Cosimo de' Medici, figlio di Giovanni, ma i progressi continuarono ad essere lenti, segnati da incertezze e interruzioni. In questa seconda fase la direzione dei lavori passò probabilmente a Michelozzo, architetto del vicino palazzo Medici e erede di numerosi cantieri avviati da Brunelleschi, ormai anziano e concentrato su altre opere.
Dal 1457 fu alla direzione del cantiere Antonio Manetti Ciaccheri e nel 1461 venne consacrato l'altare maggiore. Tre anni dopo Cosimo de' Medici moriva e veniva sepolto in una cripta sotterranea, posta in un pilastro esattamente al di sotto dell'altare centrale.
Da allora San Lorenzo divenne il luogo di sepoltura dei componenti della famiglia Medici, tradizione proseguita, salvo alcune eccezioni, fino ai Granduchi e all'estinzione della casata.

La facciata della chiesa era rimasta incompiuta: papa Leone X, Medici, dopo un concorso a cui parteciparono grandissimi artisti come Raffaello e Giuliano da Sangallo, dette a Michelangelo il compito di progettarne una nel 1518. L'artista fece un modello ligneo di una facciata classica e proporzionata, ma l'opera non fu ugualmente portata a termine, per problemi tecnici e finanziari insorti già dall'approvvigionamento dei materiali. Sempre Leone X commissionò la Sagrestia Nuova al grande artista, per conservare i sepolcri dei due rampolli di casa Medici, Lorenzo Duca d'Urbino e Giuliano Duca di Nemours, che erano morti entrambi sui trent'anni con grande costernazione del papa che tanto si era adoperato per la loro affermazione. L'opera fu realizzata a più riprese e solo l'offerta di un salvacondotto proposto dai Medici a Michelangelo, reo di aver preso parte alle vicende della Repubblica fiorentina, convinse l'artista a terminare l'opera che altrimenti sarebbe rimasta uno dei tanti "non finiti" michelangioleschi.
Clemente VII, l'altro papa Medici, non mancò pure di arricchire il complesso di San Lorenzo, incaricando Michelangelo di realizzare la Biblioteca Medicea Laurenziana, mentre dentro la chiesa fece costruire il balcone nella controfacciata per l'esposizione delle reliquie.
Il piccolo campanile risale invece al 1740, opera di Ferdinando Ruggieri.
L'ultima della dinastia Anna Maria Ludovica commissionò l'ultima opera importante nella basilica: la decorazione della cupola con la Gloria dei santi fiorentini ad opera del pittore Vincenzo Meucci (1742), una magra compensazione però in confronto alla distruzione degli affreschi di Pontormo nel coro, perpetrata in quegli stessi anni.
Con la soppressione ottocentesca degli enti religiosi, la biblioteca fu separata giuridicamente dal resto del complesso e venne creato il Museo delle Cappelle Medicee. Nel 1907 fu istituita l'Opera Medicea Laurenziana per la gestione e la salvaguardia della basilica.
La basilica (interno). Si noti, sullo sfondo, il grande Organo Serassi
Interno, verso la controfacciata



















La chiesa è a croce latina a tre navate, con cappelle lungo il piedicroce e i lati del transetto. All'incrocio dei bracci si trova una cupola. L'impianto, come in altre opere di Brunelleschi, si ispira ad altre opere della tradizione medievale fiorentina, come Santa Croce, Santa Maria Novella o Santa Trinità, ma a partire da questi modelli Brunelleschi prese spunto per qualcosa di più rigoroso, con esiti rivoluzionari. L'innovazione fondamentale sta nell'organizzazione degli spazi lungo l'asse mediano applicando un modulo (sia in pianta che in alzato), corrispondente alla dimensione di una campata quadrata, con la base di 11 braccia fiorentine, lo stesso dello Spedale degli Innocenti (edificato dal 1419). L'uso del modulo regolare, con la conseguente ripetizione ritmica delle membrature architettoniche, definisce una scansione prospettica di grande chiarezza e suggestione. Le due navate laterali sono state definite come lo sviluppo simmetrico del loggiato dello spedale, applicato per la prima volta all'interno di una chiesa: anche qui infatti l'uso della campata quadrata e della volta a vela genera la sensazione di uno spazio scandito come una serie regolare di cubi immaginari sormontati da semisfere. Le pareti laterali sono decorate da paraste che inquadrano gli archi a tutto sesto delle cappelle. Queste ultime però non sono proporzionate al modulo e si pensa che siano una manomissione al progetto originale di Brunelleschi, messa in atto almeno dopo la sua morte (1446). Inoltre la razionalità dell'impianto nel piedicroce non trova un riscontro di analoga lucidità nel transetto, poiché qui probabilmente Brunelleschi dovette adattarsi alle fondazioni già avviate dal Dolfini.
In base a rilievi, studi delle fondazioni, indagini d'archivio e a un disegno di Giuliano da Sangallo dell'inizio del XV secolo[senza fonte][2] si è ricostruito che il progetto originale dovesse prevedere un giro di cappelle a pianta quadrata (invece che rettangolare come sono adesso), con volta a vela e abside sulla parete di fondo, che proseguisse anche in controfacciata e alle testate del transetto e del presbiterio, dove erano previste coppie di cappelle simmetriche su ciascuna estremità.
Nonostante le alterazioni la basilica trasmette ancora un senso di concezione razionale dello spazio, sottolineata dalla membrature architettoniche portanti in pietra serena, che risalta sull'intonaco bianco secondo il più riconoscibile stile brunelleschiano. L'interno è estremamente luminoso, grazie alla serie di finestre ad arco che corre lungo il cleristorio.
Innovativo è il "dado brunelleschiano" composto da colonna, per lo più di ordine corinzio,e di un tratto di trabeazione con fregio a cui si poggia usualmente un arco. Il soffitto della navata centrale è decorato a lacunari, con rosoni dorati su sfondo bianco.
All'architettura interna della chiesa lavorò anche Michelangelo, autore della Tribuna delle reliquie in controfacciata (1531-1532) per Clemente VII.
Sul retro della chiesa (con accesso dal retro su Piazza Madonna degli Aldobrandini) si apre la grandiosa Cappella dei Principi, con la sua grande cupola che a Firenze è la seconda per grandezza dopo quella del Duomo. Luogo di sepoltura dei Granduchi Medicei fu un'impresa grandiosa avviato al tempo di Ferdinando I; i Medici le stavano ancora pagando quando l'ultimo membro, Anna Maria Luisa de' Medici, morì nel 1743. Nella cripta di Bernardo Buontalenti sono sepolti circa cinquanta membri tra maggiori e minori della famiglia, mentre nella parte superiore, nella grande sala ottagonale sormontata da una cupola, vi sono i cenotafi (tombe vuote) monumentali dei granduchi di Toscana.

Opere Presenti 

Uno dei 2 pulpiti della Resurrezione di Donatello sullo sfondo  La Pala del Sacramento, tabernacolo di Desiderio da Settignano 
Sarcofago della famiglia Martelli (1455 circa), che simula una grande cesta di vimini e si trova nella cappella tra il transetto sinistro e la navata. Magistrale è la lavorazione del marmo, che esalta le rotondità e la sinuosità dell'intreccio.
Filippo Lippi: pala d'altare dell'Annunciazione Martelli nella cappella del transetto sinistro, finanziato dalla famiglia Martelli che lì aveva una cappella (1450 circa). Affascinanti sono gli elementi complementari alla scena che catturano l'occhio dello spettatore, come la struttura architettonica, l'ampolla di vetro trasparente, in realtà un simbolo del concepimento divino.
La Tomba di Giovanni e Piero de' Medici è un'opera in marmi, bronzo e pietra serena di Andrea del Verrocchio e si trova nella Basilica di San Lorenzo a Firenze, nell'intercapedine tra il transetto sinistro (Cappella delle Reliquie) e la Sagrestia Vecchia. Risale al 1469-1472  l monumento venne commissionato da Lorenzo de' Medici per la sepoltura del padre Piero, morto nel 1469, e dello zio Giovanni, morto nel 1463. L'opera venne completata nel 1472.
Il sepolcro, invece di essere addossato a una parete, si trova al di sotto di un arco che apre un'intercapedine tra i due vani, i quali erano entrambi sotto il patronato dei Medici. Il sarcofago è in porfido e poggia su uno zoccolo. È decorato da zampe leonine e girali bronzee, che riprendono il modello di Desiderio da Settignano, mentre il motivo del medaglione centrale, in serpentino verde, venne ispirato dal tabernacolo di Santa Maria a Peretola e dalla tomba di Benozzo Federighi di Luca della Robbia. Lo zoccolo poggia su tartarughe bronzee, ispirate all'Ercole e Anteo di Antonio del Pollaiolo, mentre la grata bronzea, fingente una corda intrecciata, che scherma l'apertura tra i due vani, venne probabilmente ripresa dalla tomba di Neri Capponi in Santo Spirito, del Rossellino.
La decorazione non presenta figure umane scolpite, ma è basata sulla rarità preziosa dei materiali e sull'impeccabile esecuzione. La novità del monumento sta soprattutto nell'originale collocazione in un ambiente di passaggio, con la grata che scherma il trapaso tra pieni e vuoti, facendo vibrare la luce sulle sue maglie.






 Il coro della basilica di San Lorenzo a Firenze conteneva un perduto ciclo di affreschi di Pontormo, databile alla sua estrema attività (1546-1556, un anno prima della sua morte) e probabilmente il suo capolavoro. Fu distrutto per le connotazioni religiose non ortodosse verso il 1742.

 Pontormo i capolavori perduti
 Gruppo di morti










































 Cristo giudice e creazione di Eva

Lavoro dei Progenitori





 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                         Mosè riceve le tavole della Legge

 

 

 

 

 

Gli Evangelisti

 



  

Resurrezione dei corpi (dettaglio)


Lo Sposalizio della Vergine (o Pala Ginori) è un dipinto a olio su tavola (325x250 cm) di Rosso Fiorentino, firmata e datata 1523, e conservato nella basilica di San Lorenzo di Firenze. La firma "Rubeus Florentino" si trova scritta nel libro che la santa in primo piano a destra tiene aperto, dove essa segna col dito; inoltre si trova, con la data 1523, incisa sul gradino sotto il sacerdote.

L'opera aveva un particolare significato devozionale, poiché davanti ad essa le giovani spose venivano a far benedire gli anelli nuziali. Forse grazie a tale uso non venne mai spostata dalla sua collocazione originale. La scena è molto affollata e impostata simmetricamente, con al centro Giuseppe, con la mazza fiorita, che sta infilando l'anello a Maria benedetto dal sacerdote dietro di loro. Abbandonando la tradizione iconografica, senza sottostare a quei vincoli dottrinali che di lì a poco ribadirà la controriforma, Giuseppe è rappresentato come un bel giovane, anziché anziano e quindi incapace di intaccare la verginità di Maria. Una tale scelta rivoluzionaria ha sempre interessato gli studiosi e l'unica possibile spiegazione finora trovata è che voglia rappresentare simbolicamente la renovatio ecclesiae promossa da Leone X e portata avanti da Clemente VII. Non è escluso però che si tratti di una scelta dell'autore, artista ai limiti del dissacrante, per non dire in alcuni casi quasi blasfemo. San Giuseppe è stato definito somigliante al David di Donatello, secondo un'ispirazione da fonti quattrocentesche che si ritrova anche in altre opere dell'artista. Come fonti che hanno ispirato la composizione sono stati indicati gli affreschi di Pontormo e Franciabigio nel Chiostrino dei Voti, in particolare la Visitazione, con un'analoga struttura a gradini con figure in piedi, sedute e inginocchiate disposte a mezzaluna attorno al centro, e lo Sposalizio della Vergine, con la figura simile del sacerdote e la quinta architettonica dislocata appena dietro le figure. Nuova, rispetto ad esempio ad opere di appena un anno prima come la Pala Dei, è la consistenza del colore, diventato sbaliginante e ricco di riflessi cangianti, forse per influenza di Perin del Vaga appena tornato da Roma

 

 Agnolo Bronzino, Il martirio di San Lorenzo grandioso affresco .....non è certo il suo capolavoro

 

 

 

 

 

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