lunedì 17 dicembre 2012

Biblioteca Medicea Laurenziana

All'ingresso il chiosco con al centro una magnifico arancio
La Biblioteca Medicea Laurenziana, anticamente chiamata Libreria Laurenziana, è una delle principali raccolte di manoscritti al mondo, nonché un importante complesso architettonico di Firenze, disegnato da Michelangelo Buonarroti tra il 1519 e il 1534.
Essa custodisce 68.405 volumi a stampa, 406 incunaboli, 4.058 cinquecentine e, soprattutto, 11.044 pregiatissimi manoscritti[1], nonché la maggiore collezione italiana di papiri egizi. Vi si accede dai chiostri della basilica di San Lorenzo a Firenze, da cui il nome Laurenziana. Medicea deriva invece dal fatto di essere nata dalle collezioni librarie di membri della famiglia Medici.



Lo scalone nel vestibolo

La scalinata di Michelangelo
Il problema del dislivello tra vestibolo e sala di lettura richiese la creazione di uno scalone. Il disegno per la celebre scala tripartita venne fornito nel 1559 e inizialmente era previsto l'uso del legno di noce, che poi Bartolomeo Ammannati eseguì in pietra serena su volontà di Cosimo I.
Per la prima volta si può riconoscere un'anticipazione dello stile barocco che di lì a poco avrebbe invaso l'Europa[6]. Se infatti le linee rette delle parti laterali sono pienamente rinascimentali, i monumentali gradini centrali, di forma ellittica come una immaginaria colata di pietra, sono un'invenzione originale di Michelangelo; questa particolare linea curvata fu usata anche nei sepolcri medicei della Sagrestia Nuova e nelle arcate del ponte Santa Trinita. La scala è infatti costituita da una parte centrale dove domina la curva e da altri due accessi laterali con gradini squadrati.Lo spettatore davanti all'ingresso vive l'emozione di assistere a una vera e propria cascata di materia viva trattenuta dalla presenza di due rigide balaustre.

La Biblioteca conserva oggi all'incirca 11.000 manoscritti, 2.500 papiri, 566 incunaboli, 1.681 cinquecentine e circa 120.000 edizioni a stampa (dal XVII al XX secolo). Seppure non vastissimo, il patrimonio librario è particolarmente importante in quanto risultato di scelte consapevoli che hanno creato un corpus ragionato, nel quale numerosi pezzi spiccano per antichità, pregio filologico e bellezza.
Il nucleo della collezione libraria proviene dalle raccolte private dei Medici, per cui numerosissimi manoscritti furono copiati, spesso di pugno di umanisti del calibro di Pico della Mirandola, Coluccio Salutati, Poggio Bracciolini, Marsilio Ficino e Niccolò Niccoli. Molti furono sfarzosamente miniati e rilegati.
Nel 1757 il canonico Angelo Maria Bandini assunse l'incarico di Bibliotecario e sotto la sua direzione la biblioteca si arricchì ulteriormente. In quel periodo venne compilato un prezioso catalogo a stampa (i cosiddetti plutei, dal nome dei banconi della sala michelangiolesca che allora erano ancora usati per custodire i libri) tuttora indispensabile agli studiosi per il reperimento dei volumi nei depositi. Nel 1771 arrivarono le collezioni della Biblioteca Palatina di Palazzo Pitti, anche se lo spirito razionale del Granduca Pietro Leopoldo fece spostare la maggior parte dei libri a stampa, che costituivano parte integrante della biblioteca Laurenziana, alla Biblioteca Magliabechiana (ora Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze). Nel 1783 181 manoscritti più antichi vennero convogliati qui.
Nel 1818 il bibliofilo fiorentino Angelo Maria d'Elci donò la sua preziosa raccolta di prime edizioni di classici latini e greci appositamente rilegate; alla fine dell'Ottocento l'acquisto della biblioteca di Lord Bertram Ashburnham arricchì ulteriormente il patrimonio librario di preziosi codici, molti dei quali di origine italiana, come il trattato di Architettura civile e militare di Francesco di Giorgio Martini, il codice delle Rime del Petrarca fregiato delle armi di Galeazzo Maria Sforza e persino un piccolo e mirabile Libro d'Ore, probabilmente appartenuto alla famiglia di Lorenzo il Magnifico.
La raccolta, circa 2.500 papiri, inconsueta presenza per una biblioteca italiana, è il risultato delle campagne di scavo italiane in terra d'Egitto, i cui reperti non caratcei sono esposti in larga parte nel Museo Egizio, una sezione del Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
La biblioteca è tuttora aperta agli studiosi, che possono ottenere in consultazione, nell'apposita sala (che ha sostituito negli anni '70 la Tribuna Elci), tutti i volumi della collezione, o, nel caso di volumi troppo delicati per essere manipolati, i microfilm.


I locali della Biblioteca furono disegnati per il cardinale Giulio dei Medici, poi Papa Clemente VII, che affidò nel 1519 la commissione a Michelangelo. Egli diresse personalmente il cantiere tra il 1524 e il 1534, sia pure con l'interruzione dovuta alla parentesi repubblicana. Alla morte del proprio padre e di Clemente VII, Michelangelo lasciò Firenze, con l'intenzione di non tornarci mai più. La costruzione fu ultimata lentamente negli anni successivi da altri architetti, a partire dal 1548, grazie all'impegno di Cosimo I de' Medici.

Michelangelo continuò a soprintendere, malvolentieri[2], i lavori della Libreria da Roma, mediante l'invio di istruzioni, modelli e disegni ed il tramite di vari artisti fiorentini presenti sul cantiere a vario titolo tra cui il Tribolo, l'Ammannati e il Vasari. Solo nel 1558 Michelangelo fornì il modello in argilla per lo scalone, da lui progettato in legno, ma realizzato per volere di Cosimo I de' Medici, in pietra serena.
I lavori terminarono soltanto nel 1571, anno dell'apertura al pubblico; altri lavori furono eseguiti di tempo in tempo fino all'inizio del XX secolo.
La biblioteca è una delle maggiori realizzazioni dell'artista fiorentino in campo architettonico, importante anche per le decorazioni e l'arredo interno, giunto in buono stato fino a noi (Michelangelo fornì anche disegni degli stalli di legno per la lettura dei manoscritti). L'opera viene ritenuta una piena espressione dell'atteggiamento manierista che rivendica la libertà linguistica rispetto alla canonizzazione degli ordini classici e delle regole compositive.

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