lunedì 16 settembre 2013

Le Ville Medicee

Villa medicea di Castello

 a Villa medicea di Castello si trova nella zona collinare di Castello a Firenze, molto vicina all'altra celebre villa medicea della Petraia, ed è famosa soprattutto per i magnifici giardini, secondi solo a quelli di Boboli. Oggi la villa, chiamata anche Villa Reale, L'Olmo o Il Vivaio, non è visitabile perché ospita l'Accademia della Crusca e l'Opera del Vocabolario Italiano[1], mentre i giardini sono un museo vero e proprio gestito dalla Soprintendenza per il Polo Museale di Firenze.

 
La Villa di Castello in una lunetta di Giusto Utens, Museo di Firenze com'era

Le origini

Il toponimo della località Castello deriva dalle cisterne (castellum) di un acquedotto romano che qui aveva il suo tracciato. Questo acquedotto fu fatto costruire dal senatore Marco Opellio Macrino (164-218) che, nel 217, diventerà Imperatore di Roma. Lungo l'acquedotto c'erano serbatoi d'acqua chiamati "castelli" e la borgata prese il nome di Castello dell'Olmo, per un olmo che era in questo punto.
La villa, che già esisteva nel XIV secolo, fu acquistata alla famiglia Della Stufa verso il 1480, da Lorenzo e Giovanni di Pierfrancesco de' Medici, appartenenti al ramo "popolano" della famiglia, che l'ampliarono e l'arricchirono di opere d'arte. Lorenzo, da non confondere con il cugino Lorenzo il Magnifico, fu uno dei più grandi committenti di Sandro Botticelli: gli commissionò La Primavera e La nascita di Venere proprio per decorare questa villa, grandi dipinti che oggi sono il vanto degli Uffizi.
Alla morte di Giovanni di Pierfrancesco la Villa fu ereditata dalla vedova e dal figlio Giovanni delle Bande Nere che vi risiedette con la moglie Maria Salviati e il figlio Cosimo. All'epoca la villa era costituita da una corte, una sala terrena con loggiato, cucine e stalle.
Nell'aprile 1527 il Duca di Urbino stabiliva il suo quartier generale nella villa: egli capeggiava un esercito composto da soldati papalini e francesi che Clemente VII e Francesco I avevano mandato in aiuto di Firenze, minacciata da Carlo V.
I cardinali Silvio Passerini (1459 - 1529), Innocenzo Cybo (1491 - 1550) e Niccolò Ridolfi (1501 - 1550), mandati dal Papa a Firenze come suoi "Legati" insieme a Ippolito dei Medici e ad Alessandro dei Medici, si recarono a Castello a prendere accordi con il Duca di Urbino, per paura di una rivolta del popolo fiorentino. La rivolta scoppiò, ma fu domata dal Duca di Urbino che era stato precedentemente informato dal comandante della guardia del palazzo Medici di via Larga.
Nel 1529 gli Otto di Guerra e di Balia ordinarono di distruggere raccolti, case, ville, chiese, muri e alberi intorno alla città, per impedire al nemico di trovare viveri, alloggi, costruzioni da fortificare: anche gli abitanti di Castello dovettero evacuare il loro borgo e correre a Firenze.
La villa venne saccheggiata e incendiata durante l'assedio di Firenze (1529-1530), come la quasi totalità delle altre strutture fuori mura cittadine, ma fortunatamente, rispetto alle altre ville del contado, riportò danni minori.
Con la caduta della Repubblica, Castello ricostruì le case distrutte e gli abitanti tornarono al lavoro dei campi e alle occupazioni consuete.

Cosimo I

Dal 1538, Cosimo, divenuto nel frattempo granduca, fece ristrutturare la villa da Giorgio Vasari e commissionò a Niccolò Tribolo il progetto del giardino, che fosse un luogo di magnificenza da usare come rappresentanza e propaganda politica, considerato dal Vasari uno dei più "ricchi giardini d'Europa". Esso era una diretta rappresentazione del potere personale e dinastico del Principe. Il giardino fu uno dei primi grandi esempi di giardino all'italiana e enorme fu l'influenza che ebbe sull'arte del giardinaggio successivo, a partire dal suo più diretto discendente, il Giardino di Boboli, realizzato poi dallo stesso Tribolo. Importantissimi furono anche i contributi dell'ingegnere idraulico Pierino da San Casciano e di Benedetto Varchi.
La simbologia del parco è quella, nel progetto originale, di fare una rappresentazione in versione di microcosmo della Toscana, con l'Appennino in alto (simboleggiato dalla statua dell'Ammannati) e i due fiumi che bagnano Firenze (Arno e Mugnone) simboleggiati da due rivi che scendono due fontane rustiche, allegorie del Monte Falterona e del Monte Senario. Due statue sottolineano la simbologia e sono poste dove scendono le acque: Il Mugnone con Fiesole e l'Arno, appunto. Faceva parte di questa simbologia anche la fontana di Venere-Fiorenza, spostata alla Villa La Petraia dal Settecento. La grotta degli Animali era una metafora della pacificazione dell'universo vivente da parte di Cosimo, mentre una serie di sculture lungo i lati del giardino inferiore chiudevano la simbologia, con riferimenti alle virtù di casa Medici ed ai benefici che da essa discendono alla città di Firenze. Nel loggiato della villa esisteva un ciclo di affreschi celebrativi di Pontormo dedicato al Ritorno dell'età dell'oro (1538-1543).
Dopo la morte del Tribolo (1550) i lavori vennero seguiti, attenendosi il più possibile ai progetti del primo architetto, da Davide Fortini (suo genero) e poi da Giorgio Vasari. Il progetto iniziale del grande giardino e del raddoppio della villa non venne però mai realizzato, perché il Granduca nel frattempo aveva iniziato altri progetti che lo appassionarono maggiormente, come la ristrutturazione di Palazzo Vecchio e la nuova residenza granducale di Palazzo Pitti, acquistato nel 1549.

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